I rivestimenti di zinco (zinco e zincoleghe) offrono protezione catodica; quando applicati su un metallo più nobile (come ad esempio l’acciaio) si comportano da rivestimento sacrificale.
Le passivazioni devono soddisfare i requisiti specificati dalle norme in termini di resistenza alla corrosione. Queste, insieme ad un eventuale sigillatura, eserciteranno un primo effetto protettivo. Terminato l’effetto della passivazione inizierà la comparsa del primo prodotto del processo di corrosione, i sali bianchi che inizieranno ad intaccare il deposito di zinco.
Finchè il deposito è integro lo strato protegge per effetto barriera. Nel momento in cui, nel corso della sua vita, il deposito comincia a mostrare i primi difetti, lo zinco, o zincolega, inizierà a proteggere per azione sacrificale. Le reazioni anodiche di ossidazione saranno localizzate sulla superficie del metallo di rivestimento, preservando il metallo del substrato. Terminato il potere protettivo del rivestimento il processo corrosivo inizierà ad intaccare il metallo base, causando la formazione di sali rossi e della conseguente ruggine rossa.
La resistenza alla corrosione viene espressa in ore in nebbia salina neutra (NSS secondo UNI ISO 9227), prima che si presentino sali bianchi e ruggine rossa sul 5% della superficie totale del pezzo. Si parla di resistenza ai sali bianchi per quanto riguarda l’azione della passivazione e di resistenza ai sali rossi, comprendendo anche l’azione dei micron di zinco o zincolega depositati, per indicare la capacità protettiva totale. Non esiste una relazione diretta e assoluta tra la resistenza alla corrosione artificiale e quella in altri ambienti, ma questo metodo dà la possibilità di verificare se un rivestimento riesce a conservare nel tempo le proprie qualità di resistenza.
Nella scheda tecnica allegata è possibile confrontare le caratteristiche di resistenza alla corrosione dei nostri trattamenti a base di zinco e zincoleghe, a telaio e a rotobarile.